"Non bruciamoci il futuro": comitato di Rivarolo contro la centrale a biomasse

Più che ha una centrale a biomasse sembra un mini inceneritore.

Per informazioni contattare comitato.nonbruciamocifuturo@gmail.com

Ad oggi non esiste ancora il teleriscaldamento Saitta blocca ogni proroga il prossimo inverno 2014 si devono scaldare edifici.http://www.energymanagernews.it/articoli/0,1254,51_ART_155962,00.html

Da maggio controlli sull'impianto di Rivarolo

Risultato del monitoraggio dell'ARPA sull'aria di Rivarolo

Il comitato giustamente deposita un esposto

La situazione a inizio 2014

Attualità - Rivarolo Canavese - 19/11/2012

Cittadini “agguerriti” durante l’incontro sulla centrale a biomasse

di Francesca Dighera

Era da un po’ che non si vedeva la Sala Lux di Rivarolo Canavese così piena di gente. Tutti i posti occupati, tante le persone in piedi che venerdì sera hanno voluto assistere all’incontro pubblico organizzato dal comitato “Non bruciamoci il futuro”.

L’argomento è di quelli scottanti: l’impianto che è sorto nell’ex Vallesusa e che dovrà presto entrare in funzione è una centrale a biomassa legnosa o un inceneritore?

La relazione dei componenti e tecnici del Comitato (che da settembre ad oggi si è dato da fare per capire la verità su questo ecomostro, raccogliendo più di 1200 firme) è stata davvero molto esaustiva: un susseguirsi di informazioni, disegni, fotografie che hanno mantenuto vigile l’attenzione del pubblico per ben tre ore. La gente comune ha finalmente capito che cosa s’intende innanzitutto per biomassa: ossia la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali ed animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

Il passaggio quindi da “biomassa legnosa” a “biomassa” in generale (e quindi rifiuti) è davvero lieve ed infatti nell’ultimo progetto presentato in Comune dalla Sipea srl, la società utilizzatrice dell’impianto non viene specificata la provenienza e la tipologia della biomassa. L’impianto che è stato realizzato nell’area dell’ex Vallesusa è alto 5 piani, lungo più di 40 metri e avrà bisogno di 193 mila metri cubi di acqua (a fronte dei 50 mila metri cubi d’acqua previsti nel progetto iniziale). Modifiche in corso d’opera che fanno giustamente pensare a qualcosa di più grande e pericoloso di una semplice centrale per il teleriscaldamento cittadino.

L’impianto produrrebbe inoltre 58 mila metri cubi di emissioni all’ora con enormi svantaggi: sottrazione di grandi quantità di acqua per i sistemi di raffreddamento dell’impianto, aumento del traffico pesante, acidificazione della pioggia e ovviamente un grave impatto sulla salute.

La combustione di biomasse legnose, anche quando realizzata secondo le migliori tecniche disponibili, comporta comunque l’immissione in atmosfera di grandi quantità di ossidi di azoto e polveri e desta preoccupazione per la qualità dell’aria locale. Un impianto alimentato a gas naturale produce un inquinamento atmosferico nettamente inferiore rispetto a quello prodotto da un impianto alimentato con biomasse legnose. In particolare una centrale a biomassa immette in atmosfera una quantità di polveri ultrafini (PM2,5) tredici volte maggiore di quanto ne produca una centrale alimentata con gas naturale. Anche la differenza nelle emissioni di diossine e furani è notevole: una centrale a biomasse mediamente ne emette cento volte di più di più di una alimentata a gas naturale. Queste micro polveri sono ogni anno causa di morti, ricoveri ospedalieri per cause respiratorie o cardiovascolari, lesioni polmonari permanenti, alterazioni del sistema immunitario.

Gran parte degli impianti a biomasse sono giustificati solo dagli interessi economici e politici indotti dai finanziamenti pubblici che, come avviene in Italia, privilegiando la produzione di elettricità non spingono al recupero delle grandi quantità di calore residuo contemporaneamente prodotto e dei fattori di emissione dell’impianto. Inoltre la legge italiana consente ad un impianto nato per bruciare biomassa legnosa di cambiare nel tempo tipo di combustibile.

Secondo un attento calcolo di Michele Bertolino di Legambiente, in una potenziale conversione a rifiuti dell’impianto ci sarebbe un risparmio economico del combustibile di ben 2 milioni e 200 mila euro (le biomasse legnose bisognerebbe comprarle, a differenza invece dei rifiuti) e un utile annuo di 5 milioni e 600 mila euro. In questo caso l’investimento iniziale ipotizzato in 15 milioni di euro sarebbe ripagato in soli due anni e mezzo e si avrebbero utili da capogiro.

I cittadini intervenuti si sono dimostrati, al termine dell’incontro, particolarmente agguerriti: innanzi tutto chiedono che la Provincia di Torino, che ha approvato tale progetto, sia presente in un nuovo incontro pubblico per rispondere ai tanti interrogativi dei rivarolesi. Tra le persone intervenute anche l’ex Sindaco, Carlo Bollero, che negli anni della Giunta Bertot si trovava tra le fila della minoranza consiliare. «Ringrazio il Comitato per aver sollevato questo problema. Noi della minoranza siamo stati deboli, ma abbiamo sempre capito che dietro a Rivarolo Futura e in quell’area della città c’era qualcosa che non andava. Il problema è che non esisteva un vero confronto tra maggioranza e minoranza, la maggioranza decideva e basta».

Per approfondire: Impianto a biomasse: tutte le fasi della realizzazione

Tipo di contenuto descrittivo: 
AllegatoDimensione
PDF icon Autorizzazione Provinciarivarolo.pdf150.3 KB